Netiquette Social. Il bon ton dei click.

La buona educazione è fondamentale per sviluppare rapporti sociali fondati sulla stima e il rispetto reciproco. Ogni situazione, pretende un certo tipo di comportamento. Che sia al lavoro, a casa di qualcuno, ad un evento o al supermercato, dobbiamo sempre ricordare di lasciare un buon ricordo della nostra presenza.

E sui social? Come ci si comporta? Ci sono delle regole da seguire? Évidemment!

I canali digitali hanno modificato il nostro modo di interagire nel corso degli ultimi anni. Spesso mi capita di sentire persone lamentarsi del fatto che i social network hanno peggiorato il nostro mondo. Mi sembra un’affermazione un po’ troppo azzardata. La verità, come spesso accade, sta nel mezzo. Sono le persone a decidere cosa fare delle proprie vite ogni giorno scegliendo come comportasi, cosa mangiare, dove andare, chi frequentare e via dicendo. Allo stesso tempo, sono le persone che decidono come comportarsi sul web. Dall’altro lato possiamo affermare che i social network hanno dato la possibilità a tutti di esprimere la propria opinione ma questo può accadere anche per strada, al cinema o in un bar. Dove sta la differenza? Sta nel coraggio.

La maggior parte delle persone preferisce dire ciò che pensa attraverso una reazione ad un post o con un commento principalmente per tre motivi.

1- Esporsi. La maggior parte delle persone non dice ciò che pensa per paura del giudizio altrui.

2- Prendere posizione. Accade quando manca la sincerità. Siamo essere umani predisposti a scegliere per natura. Che male c’è ad esternare le proprie scelte?

3- Affrontare un dibattito. Dire la propria sui social network rende tutto più semplice perché si può abbondare una conversazione senza essere costretti ad ascoltare anche l’altra parte. In definitiva manca la capacità di avere un dialogo costruttivo quando si hanno punti di vista differenti.

E quindi come ci si comporta sui social network? Innanzitutto partendo dal presupposto che questi ultimi rappresentano uno strumento che va integrato nelle nostre vite con intelligenza. Il loro avvento non ha carattere negativo e neanche positivo. Siamo noi a scegliere come usarli.

Ecco 10 regole d’oro della Netiquette Social rivolte a tutti i naviganti. Che tu sia un social media manager, il proprietario di un’attività che gestisce da solo i suoi profili social o un utente ricorda sempre di lasciare una buona impressione digitale di te o della tua attività.

1. Autolike. È come un autogol. Pubblichi un contenuto sul tuo profilo. Perché lo fai? Perché ti piace, è ovvio. Mettere like a ciò che hai scritto è come alzarsi la maglietta davanti allo specchio in palestra e complimentarsi con se stessi per i propri addominali. È trash ed è anche un po’ da sfigati. E quando l’autolike avviene su una pagina Facebook? A volte l’amministratore della pagina pensa di mettere like con il proprio profilo ed invece no. Siamo nel 2019. Vogliamo imparare ad utilizzare questi strumenti digitali oppure no? Coraggio!

2. Autoreferenziarsi. Ok fare storytelling del proprio lavoro. Dopotutto i social servono a questo, giusto? Condividiamo ciò che accade nelle nostre vite. Perfetto. L’importante però è non sfociare in descrizioni fasulle e gonfiate in cui ci si descrive come dei mostri sacri utilizzando slang inglesi. Siete degli esperti? Fatelo dire agli altri. La gente lo sa se siete davvero bravi. La gente sa tutto. Soprattutto sui social. Se vi spacciate per grandi imprenditori (di se stessi) e poi fate colloqui di lavoro in giro beh c’è qualcosa che non va. Siate umili!

3. Taggatori seriali. Fate i pr? Bene. Pubblicate la vostra pubblicità sui vostri profili. Taggare 50 persone con la serata di turno, l’evento di turno fa molto 2009 style oltre ad essere poco carino. Se qualcuno venisse a scrivere sulla vostra agenda senza il vostro permesso come ci restereste?

4. Tirarsela. Rispondere ai commenti dopo ore facendo finta di essere impegnati. Raga no. Questo vale in tutto. Abbiamo mille mezzi di comunicazione per avvertire che siamo impegnati. Ignorare qualcuno è davvero di cattivo gusto.

5. Aggiungere persone a casaccio. Aggiungere amici di amici per farsi gli affari loro e poi non salutarli per strada è come presentarsi ad una cena e sedersi a mangiare senza salutare gli altri commensali. Questi comportamenti già non andavano bene nel 2009 quando eravamo alle prime armi con Facebook. Dopo 10 anni sono aboliti. Assumere questo atteggiamento nel 2019 è come parlare ancora dei BackStreet Boys.

6. #Hashtag. Chiariamo una volta per tutte cosa sono e a cosa servono?

Hasthtag: il simbolo del cancelletto (#) associato a una o più parole chiave per facilitare le ricerche tematiche in un blog o in un social network.

In italiano vuol dire etichetta. La sua funzione è aggiungere valore ad un contenuto rendendolo cercabile sul web. Inventare hashtag senza senso non vi renderà fighi. Neanche utilizzare 64 hashtag (o 75 emoticon!) su un post di Facebook. Utilizzateli in maniera coerente con i vostri contenuti e sulle giuste piattaforme (Instagram, Twitter). Se andate a pranzo da vostra nonna e scrivete #aPranzoDaNonnaConcetta non vi cercherà nessuno a meno che voi non lanciate un Contest promozionale nel settore food magari invitando gli utenti che vi seguono a provare i piatti della domenica a casa di vostra nonna. In questo caso parlatene prima con vostra nonna.

7. Onnipresenza. Avete un’attività che ha tanto da dire? Bene, cercate di canalizzarlo sulle giuste piattaforme. Gestire la presenza su un social network comporta fatica, costanza, impegno ed una lunga serie di altri ingredienti. Essere ovunque è sempre la scelta sbagliata, a meno che voi non siate la CocaCola. Non piazzatevi su tutti i social network perché le icone di questi fanno scena sul vostro sito web. Defilatevi, incuriosite.

8. Assenze ingiustificate. Se decidete di inserire la vostra attività sui social network dovete rispondere a tutti i commenti. Si, anche a quelli estenuanti o ripetitivi. Il Customer service attraverso i social network è usato ormai da tutti. È un servizio facile e veloce. Dovete rispondere ai vostri utenti e dovete farlo anche in fretta. Se riceveste una chiamata presso la vostra attività lascereste squillare il telefono a vuoto? Per non parlare di quando abbandonate i vostri account social aziendali. Che abbiate licenziato il vostro social media manager o che vi siate stancati di avere una presenza social fate una scelta netta. Uscite definitivamente dai social network. Un profilo non aggiornato è come una casa abbandonata.

9. Negatività. Non utilizzate i social network per sfogare la vostra frustrazione su tutto e tutti. Commenti negativi. Insulti. Cyberbullismi di ogni tipo sono vietati categoricamente. Insultare le persone sui social è come svegliarsi la mattina, affacciarsi al balcone e iniziare a sparare a zero su tutti. È da folli. In questo caso dovreste farvi curare.

10. Sperperare i dati. Dove sta andando la vostra presenza sui social network? Qual è l’obiettivo da compiere? Se ne avete uno bene, siete a metà dell’opera. Per completare questo percorso è necessario conoscere il vostro target di riferimento e analizzare i risultati. Pretendete dei report da chi avete ingaggiato. Rendetevi conto di quanto il vostro investimento abbia prodotto risultati, che essi siano click, visualizzazioni o like. Guardate i vostri social network come vi guardate la mattina prima di uscire allo specchio chiedendovi: “mi piaccio?”. Se la risposta è no datevi da fare per cambiare in meglio.

Che fatica essere sui social, eh? Non lo dite a me 😜. Scegliete chi dovrà curare la vostra immagine sui social network come quando dovete scegliere le scarpe per un matrimonio. L’obiettivo è arrivare fino alla fine con il sorriso stampato in volto.

🙂

Fabrizia

L’universo ama la velocità.

Durante il secondo anno di università frequentai un corso davvero interessante. In ogni lezione, il nostro professore veneto, ci raccontava un aneddoto. Ogni storia aveva un duplice obiettivo: spronarci a riflettere da un lato e ispirarci dall’altro. Furono le prime vere e proprie lezioni motivazionali a cui partecipai. E fu proprio in una di queste lezioni che si palesò ai miei occhi il primo libro di carattere motivazionale che divenne poi la base del mio pensiero attuale. (Questa storia ve la racconto un’altra volta però). Alla metà di ogni lezione dovevamo scrivere un breve racconto personale in cui descrivevamo una situazione simile all’aneddoto raccontato. La similitudine non stava nei dettagli ma bensì nella morale con cui si concludeva la storia.

Era un modo per fare luce su tanti aspetti della propria vita. In una delle 8 lezioni, il professore, si focalizzò sui tempi di reazione del nostro cervello agli eventi negativi che viviamo nel corso della nostra vita. Quando ricordiamo un evento negativo passato non percepiamo mai la stessa intensità dei sentimenti che abbiamo vissuto all’epoca. Ci appare sempre migliore. Perché? Perché il nostro cervello con il passare del tempo aziona un meccanismo che ci consente di “zuccherare” i ricordi. È qualcosa che accade in automatico (per fortuna) e che avviene in media in 4/5 anni. Bene. Il prof ci spronava ad accelerare questo processo.

Con il passare del tempo ho definito un mio metodo per imparare a vivere bene anche i blue monday (e tutti gli altri day della settimana) in modo da trarvi beneficio. La maggior parte delle volte ci sentiamo giù per per i motivi più banali. Una serie di eventi che si accumulano e ci portano ad essere negativi. Personalmente, sono il tipo di persona che davanti ad un problema complesso o grave, tace e agisce. Davanti ai piccoli inconvenienti impazzisco. Perdo la pazienza perché sento di perdere tempo.

Quando ho una giornata no inizio a pensare a tutte le cose che mi hanno fatto cambiare umore, mi immergo con loro in una vasca. Le lascio libere di circolare e le analizzo. Le analizzo fino a quando il paragone tra loro e il quadro generale della vita crea un divario così grande che alla fine mi viene da ridere. Nel momento esatto in cui scoppio in una risata so che sono riuscita a mettere tutte quelle sensazioni sgradevoli in una libreria. Sono in piedi, davanti a loro. Le guardo li, ferme ed ordinate e mi sento di nuovo padrona del mio umore. Ora sono più semplici da affrontare e gestire.

Adoro questa frase:

L’universo ama la velocità.

Già. L’universo ascolta tutti i nostri desideri indistintamente. Non fa differenza tra i positivi e i negativi. Semplicemente ci fornisce ciò di cui abbiamo bisogno man mano che lo chiediamo. Nel lasso di tempo in cui ci immergiamo tra le sensazioni negative, le lasciamo libere di esprimere ciò che vogliono comunicarci. Affrontandole in fretta diventiamo più consapevoli, più lucidi, nel decifrare il loro messaggio.

Spesso ci risulta difficile confrontarci con ciò che non va perché sentiamo di aver fallito o perché temiamo di fallire. Eppure ce lo dicono da piccoli che “sbagliando si impara” ma cresciamo comunque con il terrore di sbagliare. Ho iniziato la mia attività da poco. La mia predisposizione al controllo è aumentata rispetto a quando lavoravo per gli altri. Faccio test su test, per ogni mia campagna pubblicitaria. Potevo nascere con l’istinto di crocerossina nei confronti degli uomini. E invece no. Io ho l’istinto di crocerossina nei confronti del mio lavoro. Devo sempre risolvere tutto ciò che non va e, se tutto va bene, devo migliorare. Nonostante tutti questi bei propositi so che non tutte le campagne social possono essere un successo. Quali sono i fattori di successo di una campagna? La grafica, il copy, l’esperienza della landing page dopo aver cliccato sulla call to action? Certo ma c’è e ci sarà sempre una variabile che può diminuire la sua riuscita. C’è solo un modo per sbagliare meno, ed è fare di più.

Perciò restare troppo tempo fermi a crogiolarsi non porterà mai ad una soluzione. Tantomeno non porterà ad una soluzione ascoltare i pareri, spesso inutili, altrui. Chiudo con un’altra delle mie frasi preferite:

Se il progetto che avete in mente è giusto e ci credete veramente, andate avanti per la vostra strada e portatelo a termine. Non fate caso a quello che dicono “gli altri” se incontrate una sconfitta temporanea. “Loro” non sono sanno che ogni fallimento porta con sé il seme di un successo equivalente. Napoleon Hill.

Fabrizia

Definire gli obiettivi in una strategia digitale.

Io sono abituata a “carburare” per obiettivi. Nel lavoro e nella vita privata mi pongo obiettivi che mirino al miglioramento di quello che faccio e di quello che sono.

Molti dicono che la felicità è fatta di attimi, altri che dura solo un istante. Trovo queste tutte versioni molto filosofiche. Per me la felicità è un obiettivo. Se non ti prefissi di avere il lavoro dei tuoi sogni non l’avrai, se non ti prefissi di fare un viaggio non partirai, e così via. Perciò, se non ti prefissi di essere felice non lo sarai.

“Fa ma tu parli sempre di obiettivi!”. Si, parlo sempre di obiettivi 🙂 ed ecco perché.

Seneca diceva:

“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.”

Se non sai cosa vuoi non puoi definire neanche chi sei, ecco perché credo così tanto negli obiettivi. Se hai un obiettivo importante prefissato nella tua testa sarà più facile non incappare in atteggiamenti di auto sabotaggio. Quante cose, persone, lavori rischiamo nella nostra vita ogni giorno semplicemente perché non siamo nel mood giusto? Perché perdiamo tempo a ripetere scenari che abbiamo già vissuto di continuo? Avere degli obiettivi ci consente di distrarci da tutte le tue abitudini negative.

Una volta conobbi una persona che divenne un mio “cliente – non cliente”. Cioè una persona che avrebbe voluto tanto che io lo aiutassi a definire una strategia digitale per la sua attività e che, al tempo stesso e per vari motivi, non avrebbe mai potuto collaborare con me. Nel lavoro sono sempre molto attenta ad entrare nell’ottica di un cliente perché DEVO capire cosa vuole raggiungere e chi vuole essere sul mercato. In questo caso, ad ogni incontro, mi rendevo conto che era impossibile comprendere la sua visione, semplicemente perché non ne aveva definita una. Cambiava idea di continuo perché non sapeva cosa voleva. La sua testa era ferma a vecchi scenari e il suo approccio non faceva altro che portarlo ad auto sabotarsi ancora.

La prossima volta che ti capita di pensare che già saprai come andrà a finire rifletti un attimo. Un conto è dare retta al proprio sesto senso, un conto è ripetere uno scenario (negativo) già vissuto e dire: “Eh tanto lo sapevo che andava a finire così”, perdendo la possibilità di essere davvero felice. Qualunque sia la forma di felicità che intendi raggiungere.

“Che fine ha fatto il tuo cliente-non cliente? Hai capito cosa desiderava?”. Non lo so e non me lo sono più chiesto perché sono presto tornata ad i miei obiettivi. 😜

 

Infiniti universi, infinite possibilità.

Ho sentito questa frase in un episodio di una serie tv animata a mio giudizio molto meritevole di attenzione.
Ogni giorno ci troviamo davanti ad una scelta. Un po’ banale come cosa, giusto? Direi che questa frase si potrebbe pronunciare solo dopo essere caduti in una vasca di ridondanza (cit.) 😂
Ci sono due punti di vista da prendere in considerazione nelle scelte: o sei chi sceglie o sei la scelta.

Ho inevitabilmente prospettato tutto ciò al lavoro (strano Fa!). A volte ho proposto un piano di marketing ad un ipotetico cliente o, al contrario, ho ricevuto io una proposta. Nel primo caso sarei potuta essere la scelta, nel secondo ero io a scegliere.

In base a cosa scegliamo? Esperienza, professionalità, curriculum vitae, pacchetto clienti? Sono elementi sufficienti? Io non credo. Sono tutti elementi che si possono modificare a proprio piacimento o che, anche quando sembrano eccellere non significa che siano compatibili con i nostri obiettivi, il nostro modo di approcciare alle cose o con la nostra vision.
L’empatia è la risposta. Chi riesce ad entrare maggiormente in sintonia con il nostro stato d’animo prima ancora che con il nostro portafogli.

L’immaginazione è la più grande prova del nove di cui disponiamo. Immaginare tutte le scelte che si hanno a disposizione e puntare d’istinto sullo scenario che ci ha trasmesso maggiore benessere. Con benessere intendo quello che i romani chiamano “friccico ner core”. Non sto dicendo di investire ad occhi chiusi su chi ci sta simpatico ma di usare un po’ di “immaginazione emotiva” e di avvalerci del suggerimento di una delle persone che difficilmente ci tradirà: noi stessi.

E se non fossimo abbastanza lucidi per prendere una decisione in un determinato momento?
Ecco che torniamo alla puntata della serie di cui parlavo in precedenza e in cui accade qualcosa che mi ha fatto pensare a come prendere decisioni anche quando non si è affatto lucidi.

Ipotizziamo che io sia stressata per via di una giornata al lavoro e che debba scegliere banalmente il look per il mio discorso in pubblico di domani. Devo fare una scelta facile ma sono ancora molto condizionata dal mood che mi è stato trasmesso al lavoro.
Immaginiamo che esistano altre Fabrizia in altre dimensioni con altre vite. Prendo il catalogo intergalattico delle altre me e scelgo quella che oggi ha concluso la giornata lavorativa con il sorriso e mi immergo totalmente in questa realtà. Ora il problema vestito è dell’80% meno influente nella mia vita.

Potreste dirmi “non puoi aspettare che passi il “momento no” e scegliere dopo?”. La risposta è no. No perché credo che l’universo ami la velocità che è un po’ l’equivalente del detto “la fortuna aiuta gli audaci”.
Ho ipotizzato una situazione banale ma credo che questo metodo sia applicabile a qualsiasi scelta della nostra vita. Magari non saremo sempre così reattivi e pronti a decidere ma sono convinta che questo “giochino” ci porterà ad intraprendere il percorso di analisi che, presto o tardi, ci condurrà ad una scelta che nel 90% dei casi sentiamo già dentro noi stessi. Ci serve solo un pizzico di coraggio in più. I benefici provati attraverso la scelta fatta, anche se solo immaginati, sono quasi sempre la risposta ai nostri dilemmi. La breve visione di “una vita alternativa” può darci la possibilità di smettere di guardare le cose dal punto di vista sbagliato spingendoci ad andare oltre e fare dell’alternativa il quotidiano.
Ed è anche questo un po’ il significato che do al mio #BSide.

Ah, non vi ho detto il titolo della serie tv, giusto.
Magari dedicherò un post proprio a questa serie più in là o magari ci siete già arrivati da soli 🙃

Fabrizia

Uno.

 Quando nel 2008 arrivò Facebook avevo 23 anni. Venivamo tutti dall’esperienza #MySpace e #Badoo. All’epoca queste nuove forme di comunicazione venivano utilizzate per abbordare partner temporanei o per trovare l’anima gemella. A nessuno era chiara l’idea di #Zuckerberg e a nessuno importava.

Dieci anni fa studiavo all’università e nel mentre mi occupavo di pubbliche relazioni, eventi, tv e radio. Utilizzavo questi nuovi canali per raggiungere persone e promuovere ciò che vendevo. Bypassavo ogni tentavo di approccio mirato a relazioni di tipo “amorose” come tutt’ora oggi. Nonostante gli anni passati, Facebook è ancora ampiamente utilizzato per il “rimorchio”. Definitemi “romantica” ma io preferisco un uomo che venga a parlarmi di persona. Preferisco che i #socialnetworksiano un passaggio successivo e non quello iniziale in una relazione. Una conversazione “live” ti consente di testare elementi quali: contatto visivo, odore della pelle, tono di voce e così via. Sbirciare un profilo social di qualcuno che ci interessa è ovvio. Lo facciamo tutti per confermare l’idea che ci siamo fatti durante il primo incontro di persona e va bene. Ciò che trovo di cattivo gusto è armarsi di “marpioneria” e praticare la pesca a strascico su Messenger pur di racimolare qualche attimo di intimità e riempire vuoti fatti di insicurezza e cattive abitudini.
Anzi colgo l’occasione per chiedere a tutti coloro che utilizzano i “poke” di non farlo più. Sono vecchi come il cucco, non hanno nessuna utilità e mi ricordano perché sono single 😂

Ho iniziato ad usare i social network per lavoro fin da subito. Sono il tipo di persona che vede opportunità di business ovunque in realtà 🤓
Ripensare a quanta strada abbia fatto Facebook in questi 10 anni mi fa sentire un po’ anziana. Non tanto per il tempo passato in sé ma per l’evoluzione degli strumenti di cui possiamo disporre oggi per il marketing e la comunicazione, sempre più avanzati, precisi e strategici.

Un anno fa ero mentalmente stanca della realtà che vivevo ogni giorno. Le aziende, le attività commerciali, le persone che incontravo, i liberi professionisti, il tabaccaio, il barbone sotto casa, la vicina di casa, gli alberi, tutti tentavano di farmi desistere dal continuare questa attività. Pensai: “basta, non c’è via di scampo per me. Devo lasciare questo lavoro”. Furono mesi di sconforto e frustrazione. Ogni giorno un viavai di gente apparentemente interessata al come adoperare la pubblicità online mi chiedeva un incontro. Tutti entusiasti, tutti pronti ad entrare nel mondo digitale fino a quando non capivano che essere online aveva un costo. Molte di queste persone non riescono a concepire che lavorare con i social è un lavoro vero e proprio. Reputano questo settore “un di più”. Tutt’ora Facebook viene visto come un modo per passare il tempo e non uno strumento di lavoro. Capitano solo a me queste esperienze? Non credo.

La pubblicità online è uno strumento che fa parte della nostra vita. Vi sorprendereste nello scoprire quante possibilità sono pronte li ad aspettarvi. Vi rendereste conto di quanto lavoro c’è da fare dietro un calendario editoriale e non vi affidereste più a gente che non fa altro che gettare ombre su questo settore (S)vendendosi pur di arraffare qualche soldo ed illudendovi con nozioni da due soldi. Soprattutto la smettereste di chiedere “qualcosa che costi poco” perché quando andate al supermercato a pagare la spesa non chiedete lo sconto alla cassiera. Avete avuto tutto il tempo di girare tra gli scaffali e scegliere se mangiare tonno in scatola a 0.98 cent o tonno fresco nel reparto pescheria.

Alla fine non ho smesso di occuparmi di web marketing. Non spiego più a tutti ciò che faccio (compresi i miei genitori 😂) per non rovinarmi la giornata. Cerco di applicare i principi che ho studiato e che utilizzo nel mio lavoro alla vita quotidiana: segmento il pubblico e comunico di certi argomenti solo con il mio target di riferimento 😬. E se mi capitasse di incontrare ancora il signore al bar che qualche giorno fa mi ha detto: “ah quindi tu ti occupi di questo digitale che ci sta rovinando la vita a tutti?”, gli risponderei: “Si, mi occupo di web marketing più precisamente. La tremenda macchina da soldi che si alimenta dei vostri pensieri. Lo dica a tutti! Chiudete le vostre figlie in casa e riempite le dispense di provviste ma soprattutto NON USATE i social network per rifilarci post anti-social! Grazie 😁“.

Perciò ho deciso di condividere tutte le mie esperienze tragicomiche qui, dove tutto è iniziato 10 anni fa, su Facebook. Il posto in cui ho trovato l’estensione del mio lato comunicativo, in cui ho condiviso emozioni di ogni genere (non sempre piacevolmente riviste nell’accade oggi 😂).
Condividere ciò che la vita insegna tutti i giorni in ogni situazione mescolando lavoro ed emozioni in un momento della mia vita in cui ho ripulito il mio “business manager” da vecchie campagne pubblicitarie e dati analitici per ripartire da nuovi progetti.
Come diceva #NapoleonHill: “il punto di partenza di tutte le realizzazioni è il desiderio”. E per quanto possa essere forte la tempesta bisogna fare in modo che questo desiderio non si spenga mai.
Desiderio di che? Il desiderio di raggiungere un obiettivo ovviamente! Nel web marketing l’obiettivo deve essere specifico, misurabile, raggiungibile, realistico ed avere una scadenza. Beh credo che nella vita non faccia poi differenza. “E qual è l’obiettivo?”, vi starete chiedendo.
Una cosa alla volta. Non voglio essere etichettata subito come la classica donna che parla troppo. 😂
Ce l’ho fatta? Ce la farò? Non lo so ed è questo ciò che tiene acceso il mio desiderio di raggiungere mete più ambite e orizzonti più ampi, la voglia di scoprirlo. Ovunque essi siano.

#BSide – Fabrizia Cuozzo

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