Ottimizzare il tempo e smettere di arrabbiarsi.

Si può fermare il tempo?

Ovviamente no. Si può gestire però.

Il mio IPhone è impostato in modo tale da non farmi impazzire. Lavorare nel digital marketing è meraviglioso. Essere sempre connessi ad un Mac, iPhone ed IPad a volte però mi prosciuga l’anima. È un lavoro super impegnativo e mega stressante. Le ore passate davanti ad uno schermo sono direttamente proporzionali allo spegnimento della creatività e della linfa vitale nel nostro cervello.

Ancora più stressante è essere interrotti da continue distrazioni. L’80% delle comunicazioni che riceviamo su whatsapp, mail, social spesso sono inutili. O meglio, alcune sono inutili ed altre non sono urgenti. Quando siamo iper concentrati su un lavoro non possiamo essere interrotti ogni 2 minuti da qualcosa. Ci fate caso a quanto si diventa irascibili quando si viene interrotti? O a quanto tempo si perde nel dare attenzione a cose che posso tranquillamente essere gestite in un altro momento? Per non parlare del continuo stress a cui siamo sottoposti quando ABBOZZIAMO una situazione che ci sta logorando.

Personalmente ho raggiunto il break even point già da qualche tempo. È stato il mio fisico a darmi i primi segnali come spesso accade quando non stiamo bene in una situazione. Non potevo certo rovinarmi il fegato arrabbiandomi ogni volta, non potevo essere scortese con nessuno, non potevo spegnere il telefono totalmente e non potevo neanche sperare che tutto il mondo condividesse la mia visione e smettesse di diventare petulante. Ogni app del mio IPhone ha una sua impostazione personalizzata.

Mail: silenziose. Chi vuole essere interrotto di continuo da una pubblicità, un buono sconto o un newsletter a cui non si è mai iscritto? Controllo le mail solo due volte al giorno. È più che sufficiente.

Whatsapp: niente suono o vibrazione. Solo banner. So che ci sono dei messaggi. Li guardo quando ho finito di fare ciò che sto facendo.

Chiamate: attive solo con vibrazione. Chi decide di telefonare di solito ha davvero qualcosa da dire. Ma non illudetevi. Ho detto “di solito”, non “sempre”. 😜

Social network: no banner, no vibrazione, no suoni. Solo centro notifiche. Sarei già ricoverata nel reparto psichiatrico se avessi lasciato attiva questa categoria. Spesso i social inviano notifiche solo per farci connettere perché vogliono che passiamo molto tempo sulle piattaforme.

Mark, io ti voglio bene ma devo volerne anche a me stessa. 🧡

Non è stato facile oscurare queste notifiche inizialmente. Non volevo mettere da parte i miei clienti. Così ho organizzato io i momenti in cui controllare messaggi, commenti ecc delle pagine social di cui sono responsabile in modo da avere il pieno controllo di ciò che accade.

Stesso discorso per le notifiche personali. Ogni sera alle 21.00 il mio IPhone va in modalità non disturbare (già dal 2015). Dedico del tempo ai miei social per informarmi, vedere cosa fanno i miei amici, fare networking scegliendo io i momenti in cui farlo. Un tempo limitato. Per me i social network sono soprattutto un luogo di lavoro. Chi vuole passare anche il proprio tempo libero nel luogo di lavoro? Inoltre, la sera, mi piace dedicarmi ad altre attività che meritano la giusta attenzione. È tutta una questione di equilibrio.

Costringetevi all’azione immediata e a ignorare le minuzie. Timothy Ferris

Trovo assolutamente di pessimo gusto essere in compagnia di qualcuno che passa tutto il tempo a scrollare la schermata del telefono come se fosse lobotomizzat*. Non ascolta, non comunica, non esprime empatia, non riesce a focalizzarsi su una serie tv, non ha voglia di leggere un libro o di fare qualcosa. Una qualsiasi cosa per se stess*. I social network sono una grande risorsa che va gestita. Lo ripeterò sempre. Siamo noi ad avere il potere, non il contrario. Come si fa? Con un po’ di forza di volontà e di training.

Pensateci un attimo. Essere capaci di gestire il tempo da dedicare alle comunicazioni che riceviamo ci consente di avere un interesse più genuino. Perché? Perché lo facciamo con piacere. Non è più una costrizione che ci viene imposta dagli altri. Siamo noi a decidere. E sopratutto siamo noi a SELEZIONARE i contenuti che meritano attenzione.

Fabrizia

Instagram. Errori e dolori dei social media manager.

Instagram fa parte della nostra quotidianità da diversi anni ormai. Lanciata nel 2010, dopo due anni questa app era già nella scuderia Zuckerberg. Il suo successo è stato eclatante conquistando 10 milioni di utenti in un solo anno.

Sembra ieri vero? E invece sono passati 10 anni. Cosa abbiamo imparato in questo lungo periodo? Purtroppo ancora troppo poco. 

Sui profili personali è inutile dilungarsi. Ciò che è davvero inconcepibile, nella stragrande maggioranza dei casi, è la “strategia” adottata per gestire gli account business. 

Ogni volta che mi viene conferito l’accesso ad un account IG già esistente so che stanno per arrivare i dolori. Questi account sono tutti uguali. Non superano i 500/1000 follower e ne seguono dai 2500 ai 5500. 

Analizzando i following mi rendo conto che i profili seguiti si distinguono in tre categorie:

  • amici degli ex gestori delle pagine;
  • profili a caso (semi vip e ragazze un po’ svestite);
  • account, da me definiti, immondizia (fake – attivazione bot).

Analizziamo questi tre punti e facciamo un confronto tra le aspettative e il risultato (Instagram vs Realtà!).

Se pensate che seguire i vostri amici IG possa essere un buon modo per fare pubblicità al profilo del vostro cliente vi sbagliate. Il 94% di questi “amici” non ricambiano il following e non sono interessati affatto al brand. In questo modo il vostro profilo ha un’immagine equivalente a quella del porta a porta. Se invece lo fate per far crescere i profili dei vostri amici avete probabilmente sbagliato impiego.

Seguite gente “vip” o semi-famosa (che magari ha pure comprato follower) pensando che possano investire nel vostro brand? Ebbene anche qui vi sbagliate. State solo fomentando il loro ego e il vostro profilo avrà una patina un po’ nerd.

Last but not least l’attivazione dei bot che vi procurerà non solo un rimpinguo di profili arabi/turchi/tunisini finti come i soldi del monopoli; vi assicurerà anche uno squilibrio così forte dell’algoritmo che IG vi penalizzerà nascondendo ancora di più il vostro account. Lo squilibrio riguarda anche chi decide di acquistare follower. Instagram lo sa che state acquistando una finta visibilità con strumenti non consentiti.

Che disastro eh? E non vi dico che rottura prendere in mano questi profili.

La corsa ai follower non va davvero più di moda. La strategia giusta da adottare su Instagram per avere un profilo performante è lavorare sul target di riferimento del brand per consolidare ed ampliare il proprio pubblico. Utilizzare gli hashtag, investire con Instagram Ads, intrattenere relazioni di valore, approcciare all’influencer marketing. Avere un profilo che segue di tutto e di più risulta anche un po’ una cosa da sfigati e conferisce poca credibilità.

Significato di performante: generare conversioni a prescindere dal numero di follower!

 

Fabrizia

 

Guida definitiva alla gestione dei commenti negativi sui social network

Sui social network, come nella vita quotidiana, ognuno esprime la sua opinione. La differenza sta nel fatto che, se spesso nella vita di tutti i giorni ci si pone un limite nell’andare in giro a giudicare e criticare gli altri apertamente, sui social network si lanciano delle vere e proprie bombe capaci di generare problemi di diversa portata a tutti coloro che gestiscono le pagine aziendali. Ad esempio la perdita di tempo, il nervosismo crescente e il rischio di mettere a repentaglio l’immagine del brand creando vere e proprie colonie di haters.

L’interazione sui social network non implica un contatto visivo e quindi rende più semplice dare voce alle proprie emozioni negative. Nel 90% dei casi i commenti negativi non provengono da un’esperienza diretta con il brand, si basano su critiche volte a dare sfogo alla propria frustrazione. Senza focalizzarci troppo sui motivi per cui la gente sia così frustrata, cerchiamo di capire come comportarci in questi casi lasciando la psicologia a chi l’ha studiata.

Quante volte su TripAdvisor abbiamo letto recensioni pazzesche di un ristorante che poi abbiamo provato ma non ci è piaciuto? O quante volte è accaduto il contrario? I gusti sono personali e le frustrazioni anche.

L’interazione sui social network serve a: informare, interagire e supportare. Tutto il resto deve avere poco a che fare con le vostre pagine aziendali. Quindi quali sono i concetti chiave della guida definitiva alla gestione dei commenti negativi sui social network? La risposta (più breve del titolo) probabilmente vi stupirà: CANCELLARE o/e BLOCCARE.

Fa tutto qui? Si, mi dispiace deludervi. Se vi aspettavate un articolo da cui prendere appunti mettete penne e smartphone da parte.

Se mi aveste chiesto un anno fa come dover affrontare questa situazione vi avrei risposto che i commenti negativi non si cancellano mai. Che un brand deve essere capace di affrontare le critiche, che deve riuscire a spiegare la propria politica aziendale e che deve essere sempre accomodante. Nell’ultimo anno l’advertising è cambiato, si è evoluto. Tutto è diventato più veloce anche nella quotidianità. I commenti degli haters devono restare nel passato. Non possono evolversi con noi. Non hanno senso e motivo di esistere e noi non dobbiamo dargli spazio. Ho tentato innumerevoli volte di rispondere agli insulti. Non è mai servito a nulla. Ho capito che queste persone hanno nella loro to do list giornaliera rompere le scatole come attività primaria.

Se un commento sta esclusivamente insultando il vostro lavoro non fatevi problemi a cancellarlo. Queste persone non fanno parte del vostro target di riferimento. Molto spesso sono profili con nomi e foto improbabili e quindi fake che per nascondere la loro frustrazione nascondono anche la loro faccia. Non vogliono conoscere la vostra storia, tantomeno acquistare i vostri prodotti. Vogliono solo sfogarsi. Un po’ come quelli che passano le giornate a scrivere sulla pagina di Chiara Ferragni che i suoi piedi sono brutti. Quando il commento supera davvero ogni limite perché utilizza anche parolacce bloccate direttamente. Lasciarli fare vuol dire dare modo ai loro simili di accodarsi e creare una vera e propria rete di haters che si trastullano sulla vostra pagina insultandovi di continuo.

Piccolo consiglio: se avete utilizzato l’obiettivo “interazione” per una campagna social, sappiate che la quasi totalità di coloro che interagiscono con like, commenti e condivisioni non sono compratori.

Come dico sempre “non sono i like che vi fanno vendere”. 

Diverso è il caso in cui un vostro cliente ha avuto un’esperienza negativa con il brand. In quel caso il customer service è fondamentale. La strategia sarà: aprire un dialogo, scusarsi e intraprendere un’azione offline per risolvere il problema. Ogni volta che perdete tempo a rispondere gentilmente ad un commento negativo che invece ha come unico scopo quello di insultare sappiate che togliete tempo a definire un obiettivo più importante. 

Teniamo sempre a mente quanto il 2020 ci abbia messo a dura prova facendoci comprendere l’importanza del nostro tempo e di chi ci circonda. Fare pulizia è un dovere morale. Anche sui social network.

Fabrizia

 

Cambio stagione, cambio strategia!

Aria di primavera e di cambio armadio! La bella stagione si avvicina e con lei una nuova strategia. E cosa si fa della vecchia strategia? Esattamente quello che si fa con i vestiti invernali. Si decide cosa tenere per la prossima stagione e cosa dar via. Cambiare però non vuol dire buttar via la nostra vecchia identità. Tra i vari maglioni ripiegati e lavati c’è lo stile che ci ha rappresentato fino ad oggi. Ed è da quello che ripartiamo per definire il nostro look primavera/estate.

Cosa accade sui social? Se siamo stati bravi ad osservare il mercato, ad ascoltare i nostri clienti, a percepire i bisogni dei consumatori siamo già a buon punto perché sappiamo in che direzione muoverci. Se poi abbiamo anche analizzato i dati ottenuti, fissato gli obiettivi raggiunti finora abbiamo già il 70% del nostro planning strategico in mente. Complimenti!

Sarebbe bello poter definire la strategia digitale integrata di un intero anno a novembre ma purtroppo il lavoro è soggetto ad imprevisti, a cambiamenti e altri elementi aleatori che nessun digital strategist può prevedere. Tutti questi elementi rappresentano il 30% che manca alla definizione del nostro planning.

L’evoluzione dei social network, le abitudini dei consumatori, i mutamenti del mercato di riferimento, l’ingresso di nuovi competitor nel nostro settore sono in continuo movimento. Si possono paragonare a quel compleanno che magari avevamo dimenticato nel mezzo di giugno, o a un invito inaspettato a cena fuori, ad una gita in barca non prevista e così via. Ed in quel momento guardi l’armadio e pensi: “e adesso che mi metto?”. È li che bisogna saper prendere una decisione pragmatica e veloce che ci consenta di avere l’outfit giusto sentendoci a proprio agio in una situazione che non avevamo previsto.

Ultimamente sto notando una maggiore apertura mentale e un maggiore interesse per le attività digitali. Le attività, anche se locali, hanno voglia di emergere attraverso i social network. Tutto ciò mi rende molto felice. C’è aria di primavera e di cambiamento anche in quelle attività che fino a solo un anno fa erano spaventate dall’intraprendere una strategia digitale, o peggio, avevano avuto una brutta esperienza con qualche agenzia.

Nella comunicazione la cosa più importante è ascoltare ciò che non viene detto. Peter Drucker.

In Italia non siamo così bravi ad ascoltare, diciamoci la verità. Ho avuto diversi feedback negativi sul mio settore nel corso degli anni. Perché? Perché bisogna essere in grado di dare spiegazioni dettagliate, di rispettare volontà e tempistiche, di dimostrare professionalità e di conoscere bene i propri strumenti di lavoro. Bisogna portare risultati prima per i propri clienti e poi per se stessi. E tutto questo può accadere solo se siamo disposti ad ascoltare non solo con le orecchie.

Avere una pagina Facebook non vuol dire avere una strategia così come bere tanti caffè non vuol dire essere svegli 🙃

Avere una strategia vuol dire saper decidere cosa fare anche quando per strada si incontrano molti bivi. Una strategia è il paracadute che ti consente un atterraggio morbido che limiti i danni e ti consenta di continuare a camminare con le tue gambe. Che si tratti della tua attività o di un invito inaspettato a cena fuori! 😜

La mia strategia personale l’ho chiamata VPA. VISUALIZZA, PIANIFICA e AGISCI. È il modello standard che definisce uno schema da seguire e che si può adattare e personalizzare in ogni situazione. Ma di questo ne parliamo la prossima volta 😉

Fabrizia

L’emozione sta negli occhi di chi clicca.

Le emozioni nascono in due modi.

Quando scatta un ricordo nella nostra mente o quando accade qualcosa di inaspettato. 

Sorridere davanti a vecchie foto, arrossire per una sorpresa, ritrovarsi con gli occhi pieni di lacrime quando raggiungiamo un risultato importante. Certo, non c’è solo il lato romantico delle emozioni. Vi sono anche emozioni che nascono dal riaffiorare di ricordi tristi. Reagire d’impulso quando ci sentiamo attaccati perché crediamo di rivivere un’esperienza passata che ci ha feriti. Sentirsi sopraffatti dalla delusione quando non ci sentiamo compresi.

Io mi blocco sempre quando vengo fraintesa o non compresa. Ho capito negli anni che quando vivo un’emozione molto forte, specialmente quando proviene da ricordi non piacevoli, ho bisogno di fermarmi. Di raccogliere tutto quello che sto provando in quel momento in un grande cestino per poi riversarlo sul letto delle mie analisi, prima di prendere di nuovo la parola. Mi aiuta a non dire cose di cui potrei pentirmi.

Non possiamo prevedere quando le emozioni ci assaliranno. Ciò che possiamo fare è imparare a gestirle. L’ho fatta troppo facile, eh? 

Di una cosa sono certa. Le emozioni vanno vissute prima che comprese. Vanno assaporate prima che analizzate. Successivamente, quando avremo capito da dove vengono, possiamo apprezzarle per il messaggio che ci hanno recapitato.

Si, ma cosa c’entrano le emozioni con i social?

Beh, secondo me sono proprio le emozioni a guidare preferenze, conversioni ed engagement. 

Mi capita spesso di sentir dire da proprietari di attività che hanno approcciato da soli ai social: “ho usato Facebook per promuovere i miei prodotti e ha funzionato!”. 

Bello eh? Andando avanti con il discorso mi rendo conto che il “funzionamento” non è lo stesso per entrambi. Soprattutto per me! 

Investire una cifra spropositata su un post magari vi porterà tante condivisioni e soprattutto like e questo può erroneamente farvi credere di aver avuto un ritorno interessante sui social. Ma il vero ritorno su un investimento è fatto da molte più sfaccettature. Quanti di quei like sono diventati clienti? Quanto è costato quel like? E quel like soprattutto di chi è? Appartiene a qualcuno minimamente interessato alla mia attività?

Ok Fa, ma la storia delle emozioni che c’entra? Ci arrivo subito.

Non basta investire sui social per raggiungere dei risultati. Oltre ad affidarsi ad un professionista capace di rispondere alle domande che ho posto in precedenza con dei dati analitici alla mano, è necessario riuscire ad emozionare chi vi guarda. Un post è coinvolgente quando attraverso una frase, una foto o una grafica particolare riesce a generare un’emozione nella mente dei consumatori e a trasformarla in un’azione legata al vostro obiettivo.

Bombardare le persone con messaggi commerciali non vi aiuterà a raggiungere i vostri obiettivi.

Emozionatevi ed emozionate 🙂

Un portfolio clienti è per sempre.

Quanti traslochi facciamo nel corso della nostra vita? Quando provo a contare i miei non ci riesco. L’ultimo in particolare è stato quello più pesante. Non in termini di quantità ma di qualità diciamo. Sono ripartita da una serie di scelte che, con il passare del tempo, si sono rivelate poco convincenti e, una volta pagate una per una, ho preso un treno con due valige alla volta di una nuova vita. 

Strano eh? Una donna che fa un trasloco con solo due valige non si sente tutti i giorni. Quella mattina quando ho alzato il mio trolley pesava da morire. Sembrava portassi un cadavere all’interno di esso. Durante il viaggio mi sono resa conto che quello che mi stava pesando era il prezzo che ho dovuto pagare per tutte le scelte fatte nell’ultimo anno e mezzo. Un prezzo che mi ha portato via una parte di me, per sempre.

Ho ripensato al mio mentore, Napoleon Hill, e alle sue parole:

“Gli uomini  che hanno successo prendono delle decisioni tempestivamente, e le modificano, se mai lo fanno, con molta lentezza. Gli uomini che falliscono prendono delle decisioni, se mai le prendono, molto lentamente, e le cambiano di frequente e con rapidità. Indecisione e procrastinazione sono fratelli gemelli. Dove trovi l’una, di solito puoi trovare anche l’altra. Uccidi questa coppia prima che ti incaprettino completamente alla ruota del fallimento.”

Alla fine io avevo scelto tempestivamente e, nel tempo, avevo modificato queste scelte per arrivare a nuove conclusioni. Non avevo fallito. Stavo solo riformulando la mia vita. Sorridendo arrivai a destinazione, la valigia pesavo molto meno. Infatti al suo interno non trovai più il “cadavere” ma solo i miei abiti.

Fa ma tutto questo cosa c’entra con il web marketing?

Questo aneddoto mi ha fatto pensare a ciò che spesso mi è capitato sul lavoro. Alcune aziende, agenzie o privati, nonostante abbiamo un’attività aperta da anni, sono sprovvisti di una parte importante dei loro siti web: il portfolio clienti. Quando ho domandato come mai una delle risposte che ho reputato peggiori è stata “eh si lo so. Ho così tanta roba da revisionare che non saprei da dove iniziare e quindi rinvio!”.

Quanto costano le scelte che facciamo nella vita e nel lavoro? Ma soprattuto la domanda è: quanto costa stare fermi? 

Tutto ha un prezzo. Nel primo caso è un prezzo che alla fine paghiamo volentieri perché lo abbiamo deciso noi. Nel secondo caso, quando restiamo fermi, spianiamo la strada alle scelte altrui. I competitors vanno avanti, ci superano nelle vendite, nelle idee e nella conquista di un posizionamento strategico sul mercato migliore del nostro. Tutto ciò comporta inoltre frustrazione e negatività.

Un mio amico imprenditore in questi giorni mi ha detto: “tutte le aziende, grandi o piccole, hanno dei punti di debolezza” – verissimo – “c’è sempre qualcosa che funziona meno di un’altra”. 

La mossa vincente è iniziare a decidere. Senza paura. Basta un’analisi di un’ora al giorno con noi stessi, con i nostri dipendenti, con i nostri collaboratori per fare chiarezza su come migliorare la propria attività.

Decidere è meglio che restare fermi, nel lavoro e nella vita.

A proposito, quella parte di me che ho perso tra le scelte fatte, è stata la cosa migliore che potessi perdere.

Ve lo aspettavate eh? 🙃

Fabrizia