Cosa ho imparato dal pregiudizio.

Conoscere qualcuno ti porta inevitabilmente a farti un’idea. Scruti i suoi movimenti, sei curioso di conoscere la sua storia e di capire perché si comporta in quel modo. Forse la seconda parte non riguarda proprio tutti. Me di sicuro. Sono sempre stata curiosa di andare oltre la facciata. Comprendere ad un livello più profondo che tipo di persona c’è dietro semplici atteggiamenti. Scavare così in profondità ovviamente può lasciare l’amaro in bocca, oppure no. Molte volte l’immagine che le persone danno di se si sgretola dopo aver grattato la superficie. Altre volte invece accade di restare sorpresi in positivo. Nel secondo caso lo scenario è: “stelline negli occhi”.

Accade solo a me? Stabilire un contatto più profondo con qualcuno mi fa stare bene. La comprensione genera benessere. Il mio difetto è che spesso mi lascio accecare da queste benedette stelline negli occhi credendo di avere di fronte una persona molto simile alla mia dimensione e con la quale stabilire una connessione più profonda. La maggior parte della gente, purtroppo, non bada ai meandri della profondità. Si lascia trasportare dal vento posandosi dove più gli aggrada in quel preciso momento.

Se si potesse avere un’idea chiara delle persone conoscendo semplicemente la loro famiglia di origine o il loro lavoro sarebbe tutto più semplice. Non è così. Eppure afferrarsi a dare un pregiudizio avviene di continuo. Ci si sofferma su un dettaglio (in positivo o in negativo) e si fa di quel dettaglio il codice genetico di una persona.

La verità è che queste informazioni non bastano a definire qualcuno. Non bastano neanche a capire se si tratti di una brava persona o meno. Negli anni ho ricevuto tantissimi pregiudizi da parte di chi non solo non mi conosceva ma non aveva neanche scambiato due parole con me. La maggior parte di questi pregiudizi si basava sul mio aspetto fisico o sulla mia famiglia di origine. Se sei bionda, magra e con gli occhi chiari allora la tua vita è facile. Hai più capacità fotogeniche che imprenditoriali. Inoltre più volte mi è capitato di conoscere persone convinte del fatto che io non avessi mai sofferto, che fossi viziata e che la mattina mi svegliassi con un unicorno accanto a me che mi portasse a fare colazione su una nuvola. Le prime volte mi arrabbiavo tantissimo. Ci rimanevo male. Mi chiedevo come fosse possibile che la gente si lasciasse andare a pregiudizi così superficiali e scontati senza sapere quello che avevo vissuto. Credo accada a tutti ad un certo punto della vita.

Ho iniziato a diventare un’appassionata dei pregiudizi altrui nei miei confronti. Come mai? Per vivere in funzione di ciò che pensano gli altri? No. Conoscere il modo in cui si appare ti da un vantaggio competitivo. Se 18 persone su 20 credono che io sia diffidente (spoiler: lo sono!), esserne a conoscenza, può essere un ottimo modo per affrontare meglio il pregiudizio. Se entro in un posto sono consapevole che, prima di avermi sentito parlare, il pensiero dei 18 su 20 sarà qualcosa di simile a: “Eh ma come se la tira!”. Saperlo in anticipo mi ha consentito negli anni di dare fuoco a tutte le sensazioni di disagio del tipo: “mi sento inadeguata” o peggio “non all’altezza”.

Ora che sono più consapevole di come appaio a causa di alcune mie caratteristiche provenienti da un pippone psicologico che vi risparmio non ci resto più male. Questa analisi la si può fare con ogni caratteristica del proprio io. In positivo o in negativo. Più sarai consapevole di te stesso, più sarà facile lavorare su alcuni aspetti, comprendere gli altri, le loro aspettative e la loro chiave di lettura.

Ovviamente ci sono pregiudizi più gravi di questo esempio. Pregiudizi che vengono dalla cattiveria e dall’abitudine di sotterrare gli altri per sentirsi migliori. Il mio esempio non vuol dire che bisogna farsi piacere tutti o che bisogna essere amici di tutti. O peggio, che si debba giustificare qualcuno che ci stia mancando di rispetto e che abbia degli atteggiamenti che ci feriscano. Ognuno deve trovare la sua dimensione. Se le convinzioni, le credenze o le abitudini di qualcuno ti mettono a disagio, non devi sopportarle per forza. Ecco perché è così importante la conoscenza.

Le maggior parte delle persone non ha l’abitudine di sentirsi dire la verità. Quando prendi di petto qualcuno dicendogli le cose come stanno ecco che si sente spiazzato. Viviamo in una società in cui si preferisce dire le cose alle spalle. E non importa quanto sia rischioso che si venga a sapere, tagliare e cucire la realtà a proprio piacimento è appunto una (cattiva) abitudine ormai radicata.

Vi svelo un segreto: sbagliamo tutti. Ogni santo giorno. Ciò che ci definisce è come reagiamo agli sbagli. Come ci rialziamo dopo una caduta. Come chiudiamo una relazione o un’amicizia. La nostra capacità di assumerci la responsabilità delle nostre scelte valutando se queste ultime possano ferire gli altri.

Stessa cosa accade sul lavoro. Qualche giorno fa mi ha chiamato un probabile cliente che avevo già sentito più di un anno fa. Il suo modo di approcciare non era cambiato. La sua superficialità nel valutare alcuni aspetti del mio lavoro anche. I suoi stessi pregiudizi su cui si è seduto convinto di essere più preparato di me mi hanno portato ad escludere la collaborazione.

Molte persone potrebbero dirmi: “Sei pazza a non prendere clienti? È comunque fatturato”. La mia scelta è un investimento. Un investimento che non produce benessere economico, bensì emotivo. Il mio tempo deve essere dedicato a persone capaci di avere una visione più ampia rispetto alle potenzialità della nostra collaborazione. Guadagnare di più mentre si perde tempo e salute non è lo stile di vita che mi sono prefissata.

Un fatturato solido è quello che si costruisce nel tempo con scelte ponderate e mirate. Mettere davanti l’ego non è mai una buona cosa.

Fa

Se non soffri, non fallisci e non sbagli non comprendi il valore delle cose.

Quando ho aperto questo blog il mio obiettivo era quello di parlare di social media marketing mettendo a confronto gli avvenimenti lavorativi con quelli personali. Un paragone che mirasse a spiegare con parole semplici aspetti del mio lavoro che spesso risultano poco comprensibili a coloro che non lavorano in questo settore. Al giorno d’oggi però conoscere le basi dei social network e del digital marketing è fondamentale per tutti.

L’altro giorno riflettevo sulla mia giornata. In particolare mi sono soffermata sui comportamenti di alcune persone. Sapete quel tipo di persone che millanta oggetti costosi o che prova a “conquistarvi” con il disperato tentativo di offrirvi benefits. Anche se non glieli avete mai chiesti. Magari anche voi, come me, credete che quelli non sono benefits fondamentali e che le cose importanti nella vita siano altre. Avete mai provato a dire a queste persone cosa pensate? Io si. Si offendono dall’alto della loro incapacità di aprirsi al mondo e condividere un pensiero diverso dal loro. Cercano di annientarvi. Sono dei succhia-energie.

Diciamoci la verità, lavorare solo per i soldi è la cosa più triste del mondo. Perfino mio padre (credo) nutrisse della passione per il suo lavoro. Dopotutto ne aveva così poca per gli essere umani che doveva pur esserci qualcosa in grado di suscitare il suo interesse. Quel qualcosa era il lavoro. O meglio. Erano i soldi. Mio padre apparteneva alla categoria di persone che, senza una forte stabilità economica, si sente mancare il respiro. La terra tremava sotto i suoi piedi quando i suoi conti non si bilanciavano perfettamente con le sue aspettative. Ha dedicato tutta la sua vita a costruire una carriera che gli desse la possibilità di accumulare ricchezza senza saperne godere.

Ogni anno viaggio standard d’estate. In vacanza con la famiglia negli stessi posti. Negli stessi giorni e con le stesse abitudini. Nessuno sport praticato. Nessun interesse oltre il lavoro o la sua cura personale. Nessuna stima per nessuno. Dall’alto della sua perfezione nessuno era abbastanza capace, intelligente, spigliato, forte, meritevole di attenzione. Nemmeno (soprattutto) io.

Per fortuna all’età di 8 anni ho iniziato a farmi delle domande. A chiedermi se questo mondo fosse così inutile come lui mi faceva credere e quindi fossi la bambina più fortunata del mondo ad avere un dio come padre o se, dovessi uscire di più da tutti quei preconcetti e costruirmi un pensiero tutto mio. Potete immaginare la risposta. Nonostante l’infanzia e l’adolescenza non siano stati così entusiasmanti dal punto di vista emotivo sono riuscita a ragionare con la mia testa.

Ad oggi non faccio parte della categoria di persone che definisce la sua grandezza come essere umano basandosi sul conto in banca. Questo non vuol dire che io non sia ambiziosa e che non mi piaccia guadagnare. Mi sono costruita il mio lavoro da sola (beh certo, mio padre non poteva appoggiarmi. Ancora oggi non sa che lavoro faccio e non ha mai mostrato interesse nel volerlo sapere). Cosa più importante ho scelto questo lavoro perché mi rende felice. Ho sempre cercato di scavare il più possibile per avere informazioni di ogni tipo su tutto. Mi sono distanziata molto dai parametri lavorativi utilizzati in Italia, soprattuto nel centro-sud. Ho deciso di lavorare in smartworking perché voglio avere la libertà di muovermi e di lavorare da ovunque io voglia. Decidere dei miei orari e bilanciare il lavoro con gli aspetti personali. La mia più grande soddisfazione è lavorare ogni giorno creando un valore soprattutto per gli altri. Lavorare una vita intera e rimandare tutto alla pensione è una pessima scelta.

Come si imbocca la strada per il lavoro dei propri sogni? Con il coraggio. Nient’altro. Il coraggio di staccarsi dalle persone e dalle abitudini che ogni giorno ci allontanano dai nostri obiettivi. E prima ancora di questo stabilire quali sono i propri obiettivi. “Aridaje Fa con questi obiettivi!”. Lo so parlo sempre di obiettivi e spesso lo faccio anche come promemoria dei miei.

Quando nasci in una famiglia che non ti sprona a perseguire i tuoi obiettivi, inevitabilmente nasci svantaggiato. Devi prenderne coscienza. E credetemi, è un percorso difficilissimo. Tendiamo a rivivere gli schemi a cui siamo abituati, in cui siamo cresciuti. E anche quando lo comprendiamo, continuiamo a sbagliare ancora e ancora.

Una volta, un mio ex, mi disse: “Eh ma secondo me hai perso del tempo nel tuo percorso lavorativo”. Già. Avrei potuto fare alcune scelte qualche anno fa subito dopo l’università. E invece ho deciso di mettermi in proprio solo due anni fa. Troppo spesso giudichiamo le scelte altrui senza sapere quanta fatica ci sia voluta per raggiungere alcune consapevolezze. Quanti ostacoli (economici, emotivi, psicologici ecc) abbiamo dovuto affrontare.

Se non soffri, non fallisci e non sbagli non comprendi il valore delle cose. Delle emozioni, dei soldi, delle attenzioni, dei traguardi e infine della vita. Per questo motivo oggi ho deciso di dedicare più spazio al mio lato personale. Non voglio star qui a raccontare l’ennesima storia della bambina che non è stata compresa. Anzi, voglio parlare della forza che ho tirato fuori per superare i momenti di difficoltà e di quanto questo mi ha aiutato a creare un mio pensiero. Quando trasformiamo i momenti di dolore in forza di volontà, ecco che vinciamo.

Siate sempre fieri di ogni ferita e di ogni sconfitta. Io ne sono davvero fiera. E non mi crogiolo più nel pensiero “eh ma se lo avessi fatto prima?”. Viviamo nel presente ed è sul presente che dobbiamo concentrarci. Dobbiamo diventare responsabili della nostra vita oggi. La colpa non è mai degli altri. Tutto si basa su come reagiamo agli eventi. Più ci impegniamo a diventare persone di valore e più attrarremmo persone di valore in grado di comprenderci.

Lasciate perdere chi vi prende in giro. Chi non capisce il vostro cambiamento e la vostra evoluzione è perché ne è spaventato. Sottovalutiamo troppo le nostre capacità e diamo per scontato che gli altri siano perfetti.

Smettere di nascondere le proprie vulnerabilità è il primo passo verso la serenità.

Ci ho dovuto sbattere la testa tante volte. Quando mi sono davvero fatta male mettendo da parte i miei obiettivi e i miei valori ho sentito qualcosa rompersi dentro e dall’oggi al domani ho improntato la mia vita ad un cambiamento costante. Distruggere vuol dire creare.

Se non lo avete letto, qui vi parlo di alcune abitudini per essere più produttivi. L’ho chiamata la settimana della super produttività.

Abbracci grandi

Fabrizia